mercoledì 30 gennaio 2013

Contaminazione gastronomiche tra Urbino e Gubbio

Molti, erroneamente, ritengono che la cucina delle Marche Settentrionali sia fortemente influenzata dalle cucine delle regioni confinanti , tra le quali l’Umbria. E’ invece una cucina molto caratterizzata, anche nell’ambito marchigiano perché depositaria di interessanti originalità che emergono analizzando le due branche che la compongono :quella di mare e quella dell’entroterra. Quest’ultima grossomodo coincide con il territorio originario dell’antico Ducato di Urbino, che è stato uno dei grandi protagonisti della stagione rinascimentale italiana. Occupava un territorio che andava dalle sorgenti del Savio, in Romagna, fino al fiume Tevere, nei pressi di Perugia e, per secoli, e per secoli, ha avuto una forte influenza culturale sui vicini. In questo territorio si è sviluppato nel corso dei secoli una cultura gastronomica originale e di qualità. Originale significa che non copia dagli altri, di qualità che ha avuto e che ha a disposizione prodotti agro alimentari unici, numerosi, differenziati e di pregio. Entriamo nel vivo dell’argomento affrontando la reciproca influenza delle tradizioni culinarie tra Umbria e Montefeltro e in particolare per la vasta area Eugubina, che fu parte della provincia di Pesaro e Urbino fino al 1860. Numerose sono le preparazioni che si ritrovano in entrambe le cucine, come la crescia di granoturco, la crescia sotto la cenere, la crescia di Pasqua (crescia brusca), la crescia di Pasqua dolce, il pan nociato, le pinoccate, le tagliatelle (maccheroncini) con miele e noci, il fricò, le lumachelle (lumachine a Gubbio) la cannella nel ripieno dei cappelletti, la “bagiana” di fave, la beccuta, i cavallucci, il dolce detto “la vecchia” di mezzaquaresima, la robba (la “robbe cotte” a Gubbio) (budella, zampetti, trippa, coda di maiale, bollite e speziate) ecc. Oggi e sempre più difficile riconoscere la presenza di carattere omogenei fra le diverse aree, perché siamo abituati a ragionare in termini di regioni amministrative moderne, che generalmente, non corrispondono a quelle storiche. Tuttavia queste forti somiglianze ci ricordano che esiste una storica, radicata identità con l’area Eugubina e che la cucina rappresenta uno degli aspetti più vivi e duraturi di una cultura. Possiamo ricordare alcuni fra i piatti più significativi di quella cucina dell’entroterra.
• Le Lasagne, che qui sono chiamate anche millefoglie o pasta al forno.
• Le “lumachelle della duchessa” che vengono anche chiamate “Ave Maria”, se di piccolo formato o “Pater Noster” se più grandi. È interessante notare il gusto rinascimentale di questa pasta sfoglia che, oltre alla farina e alle uova, prevede l’aggiunta di cannella in polvere, noce moscata grattata, pecorino grattugiato fino, e sale.
• I passatelli in brodo. L’area di diffusione di questo piatto va dall’intera Riomagna, all? Anconetano, fino all’area Eugubina che corrisponde all’intera area geografica dell’ Esarcata Bizantino. Che sia un piatto di origine greco-romano?
• I cappeletti in brodo. Ne esiste una versione semi asciuttacondita con burro fuso o crema di formaggio e tartufo bianco affettato sopra.
• I “tacconi” o “cioncioni”: sono dei quadrelli o dei tagliolini corti ricavati da una sfoglia fatta con farina e farina di frumento in parti uguali e acqua.
• I “cresc taiat”: sono dei maltagliati ricavati da una spessa sfoglia fatta con acqua, farina di granoturco (un tempo si usava la polenta avanzata) e farina di frumento.
• I tagliolini con tartufo bianco, conditi con burro e formaggio, classico piatto per la valorizza il pregiato tartufo.
• Il “ciavarro” : è una minestra brodosa di ceci, fagioli, lenticchie, orzo o farro, cotiche di maiale.
• La zuppa gialla di Pasqua, altro piatto di probabile origini rinascimentale. È ottenuto da un pane preparato impostando farina di grano con acqua tiepida ove è stato fatto sciogliere dello zafferano(4 stimmi per ogni commensale), lievito, poco olio, sale e pepe.
• La faraona al coccio, tipica di Fratte Rosa
• Il fagiano tartufato già testimoniato nell’ antica cucina ducale.
• Il tacchino alla “gossuta” ovvero alla ghiotta, che è un antico raffinato piatto natalizio Urbinate.
• Il pancettone o braciolone Urbinate, piatto domenicale delle famiglie borghesi.
• Il bostrengo. Dice il proverbio “Piov e neng tut le vacchie fan el bustrengh”. Ci sono diverse versioni fra paese e paese e tra famiglia e famiglia.
• La baccuta che è un dolce devozionale che si prepara per mezzaquaresima.
• Le frittelle di farina di castagne: che sono un piatto della tradizione appenninica.
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(estratto da un articolo “La cucina delle Marche settentrionali” del somm. Piergiorgio Angelini)

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